Un vecchio casolare  abbandonato, ai piedi dell’Arazecca la nostra montagna, ereditato dai miei nonni, inabitato da anni e ricoperto di rovi e sterpaglie è ritornato a vivere da quando ho deciso che ristrutturarlo e venirci a vivere per qualche tempo, magari solo per i fine settimana, sarebbe stata una alternativa utile a tenermi impegnato da pensionato, insomma unendo l’utile al dilettevole, come ebbe a dire un famoso pensatore italiano, di qualche secolo fa di cui non ricordo il nome.
   Una costruzione immersa nella tranquillità della campagna, circondato da alberi e da campi incolti non è proprio il massimo delle aspirazioni per chi è abituato alla vita di comunità con tutte le comodità che questa riserva ma, come si suol dire “ Non è bello ciò che è bello ma ciò che piace”.
La struttura ha spesse mura in pietra, il tetto con le tegole gialle, quelle che si usavano una volta, i cosiddetti coppi risalenti alla prima metà del secolo scorso e le travi in legno geometricamente disposte sul soffitto e ben visibili che danno un ulteriore risalto all’intero ambiente in una perfetta combinazione tra bellezza e funzionalità.
C’è da dire, ad onor del vero, ciò che risalta maggiormente agli occhi di chi entra è un enorme camino in pietra  e mattoni  che si erge maestoso al centro dell’ampio salone d’ingresso, chiunque lo osservi non può che rimanervi impressionato.
   Ammirandolo non è difficile immaginare come si viveva il secolo scorso intorno a quel camino in un’atmosfera calda e accogliente senza computer, cellulari e televisione.
   Non occorre molta fantasia nell’immaginare che quel camino fosse sempre acceso non solo per riscaldare l’ambiente ma soprattutto per cucinare.
   Appesi alle pareti, trofei di caccia e antiche foto incorniciate e in bianco e nero, che raccontano probabilmente la storia dei miei avi e di chi vi ha vissuto ancora prima.
Spiccano più in alto due immagini, una riguarda Vittorio Emanuele, il nostro sovrano e l’altra ritrae sempre in nostro sovrano con alla sua sinistra il capo del governo Cavour e dall’altra parte quel generale Cialdini che tanto si adoperò nel nostro meridione per costringere alla resa con le buone e cattive maniere, soprattutto queste ultime, l’allora re Borbone, Francesco II che combattè assieme alla consorte, la regina Maria Sofia di Borbone, e si arresero solo quando restarono soli, senza più armi né viveri. Un grande sovrano ricordato ancora oggi da quel grande maestro Nicola Piovani che qualche anno fa compose una bellissima poesia cantata “O’Re…..Steve nu re che tant tiempe fa teneva o regno chiu belle cha ce sta, cient castielle attuorno a na città, mille curalle pe se varia.
Steve nu re che pe fatalità perdette o regno e a chiave da città e cu dulore perdette pure ammore, tutte e castielle bell, senza sapè, senza pecchè
e nanze la regina restai sultanto o re”. Bellissima è possibile ascoltarla su You Tube.
Ritornando al casolare, pochi ritocchi alle mura esterne, qualche rattoppo qua e là internamente e tanto lavoro intorno alla struttura con l’abbattimento di alcuni alberi pericolanti, la sistemazione dell’intero recinto perimetrale e lo stradello di accesso con relativo cancello in ferro.
  Ma il padrone di casa è Il camino, dalla forma quadrata alla base ed è probabile che quell’architetto si sia ispirato a qualche piramide d’Egitto con la sola differenza che quel camino alla estremità superiore, a differenza delle piramidi, si assottiglia leggermente e sbuca oltre il tetto attraversando, anzi sfiorando, le travi in legno che sorreggono l’intera copertura ed in questo mia moglie ha ragione da vendere quando dice che quel camino prima o poi brucerà tutte le travi in legno ma quand’anche avesse ragione, sono sempre io a dire l’ultima parola e, per quanto mi riguarda la risposta è sempre la stessa, non si tocca nulla.
   Mia moglie ha la fissa di quel camino brutto e ingombrante e non si risparmia nel ricordarmi che quell’obbrobrio, così lo definisce, prima o poi dovrà essere abbattuto. Ma quel camino rappresenta la mia vita, la mia anima, i ricordi di tante generazioni vissute e immagino anche tra tante privazioni e sofferenze. Guaio a toccarlo, per nessun motivo, dovrà rimanere al suo posto integro in tutto il suo carico di storia.
   Qualche giorno fa a mia insaputa, venne a farci visita l’architetto Fiocca, su invito di mia moglie, che tirò fuori una strana storia relativa al mio camino. In poche parole l’architetto, con un giro di parole e di tecnicismi complicati e difficile da comprendere…asseriva, credendo di avere di fronte uno sprovveduto montanaro, che la forma di quel camino, le sue dimensioni e persino la sua dislocazione al centro della stanza  tutti elementi che facevano supporre, secondo le sue teorie, che al suo interno vi fosse uno spazio vuoto, un ripostiglio segreto, indi per cui molto probabilmente vi era custodito in una intercapedine… un tesoro, quindi, secondo le sue intenzioni, non le mie, quel tesoro andava scoperto.
Possibile mai, dico io, che quel casolare costruito agli albori dell’Unità d’Italia, magari l’aveva visto nascere persino Peppino Garibaldi e da allora a nessuno dei tanti occupanti che si sono succeduti, possibile mai che nessuno si sia accorto di un tesoro nascosto custodito nelle viscere del camino? Ma guarda un po', soltanto il nostro illustre architetto con la complicità di mia moglie, quasi due secoli dopo ha capito che bisogna distruggere a tutti i costi quella creatura che finora non ha mai fatto male a nessuno?
   Troppo livore per quel totem che padroneggia al centro della stanza, persino i parenti che vengono a visitarmi non fanno altro che ripetere la stessa cosa contro quel camino, quel pezzo di storia, e questo mi fa spesso pensare che ci sia in atto una sorta di trama ordita da chissà quale mente perversa, una mente grigia che vuole a tutti i costi andare a vedere cosa nasconde quel mio monumento sacro.
   Ma i tapini, compresa mia moglie, dovranno passare sul mio corpo nonostante la fila dei miei avversari, sempre più numerosi e tutti animati dalla irrefrenabile voglia di mettere le mani su quella mia creatura.
   E’ il Dio danaro, altro che estetica, appena i parenti serpenti, con mia moglie in testa, hanno fiutato l’odore dei soldi si sono tutti buttati a capofitto sull’osso da spolpare con la scusa che quel camino al centro dell’enorme struttura ostruisce il passaggio o altre diavolerie frutto della mente contorta dell’architetto.
   Ammesso anche che avesse ragione e cioè che in qualche anfratto del camino vi fosse nascosto un tesoro cosa cambierebbe? Niente, assolutamente niente perché il vero motivo di tutto non attiene affatto alla estetica men che meno allo spazio bensì al tesoro nascosto, alla frenesia di convincermi a tutti i costi della bontà delle loro convinzioni. Continuavo a stare al gioco quand’anche incominciavo a infastidirmi leggermente perché questa gente non si rendeva conto che quel camino non era oggetto di dispute fra parenti ma apparteneva al sottoscritto nonostante continuassero a sfidarmi con astrusi calcoli che non avevano proprio nulla a che vedere con uno studio serio quindi, credibile.
   Qualche sera fa si presentarono in tre a farmi visita, l’architetto e due suoi sodali, un geometra ed un capomastro, un signore tracagnotto con l’aria da saputello che incominciò, senza neanche chiedere il permesso, a circumnavigare la mia creatura, osservandola da tutte le latitudine e questo confermava il motivo di quella visita che non aveva nulla a che vedere con una visita di cortesia ma altro non era che l’ennesimo tentativo per indurmi a cambiare idea; “Vede signor Buzzelli,” disse il capomastro dopo aver osservato in lungo ed in largo il camino, “ Questa è una costruzione davvero notevole,” “Si “ risposi compiaciuto stando al gioco “Lo dicono tutti…”. Evidentemente la mia risposta decisa non sortì nessun effetto ai miei ospiti i quali, noncuranti del mio modo perentorio di rispondere si affrettarono a tirare fuori dai  borsoni tutto l’occorrente per iniziare a fare i raggi ics in ogni parte del camino con l’intento di riuscire a trovare qualcosa.
   “ Signor Valter per quanto sia larga la canna fumaria lassù in alto, non se ne deduce il motivo e la ragione  per cui si giustifichi l’ampiezza della sua base, eccessivamente sproporzionata rispetto all’intera struttura”, prese quindi il regolo e misurò l’intero perimetro, tutto ovviamente senza avere il benchè minimo riguardo del padrone di casa ma, come dicevo, stavo al gioco anche perché l’ultima parola toccava sempre al sottoscritto e questo particolare curioso mi ricordava quando giocavamo a pallone da piccoli e che la regola, seppur non scritta, era sempre quella che a vincere fosse sempre il proprietario del pallone, tant’è.
   Il geometra, aiutato dal capomastro, dopo la misurazione, tirò fuori le sue conclusioni, “ Guardi signor Buzzelli,” disse tirando fuori dalla tasca un blocchetto per gli appunti e un mozzone di matita rossa, quella che usano i carpentieri“ Quattrometri e trenta per cinque metri e venti fa tot…., tremetri e cinquantacinque per ottometri e mezzo fa tot… dunque sommiamo questi e sottraiamo quest’altri e il risultato viene tot…., proprio come prevedevo, ha visto?”.
Insomma per farla breve, dopo tutti questi calcoli cosa disse a conclusione il geometra? Mi informò, davanti ad un dubbioso architetto che, dopo quella serie interminabile di calcoli, l’intero camino era stato costruito con migliaia e migliaia di mattoni e pietre.
   C’è da rimanere allibiti, da schiattare dalle risate…. !!!! Grande, pensai, se me lo avesse chiesto, magari telefonandomi glielo avrei detto anche io e gli avrei risparmiato la faticaccia di arrivare fin quassù….. a metà Arazecca evitando il fiume Sangro e tutti i sentieri tra rovi e sterpaglie per non parlare dei cinghiali che quando ti incontrano sul loro cammino non chiedono il permesso a nessuno.
    Sconsolati non ebbero il tempo di addivenire ad una conclusione avvalorata da una qualche credibilità e prim’ancora di riavviarsi tutti lungo il sentiero, rifacendo quindi il percorso inverso, l’architetto mi chiese se ero disponibile ad un incontro nel suo studio “senza alcun impegno” concluse, e questa volta notai con malcelata goduria che il tono dell’architetto fosse più cortese e gentile rispetto alle volte precedenti.
Bene, immaginai, qualcosa stava cambiando, accettai il suo invito e concludemmo che ci saremmo rivisti nel suo studio il successivo fine settimana.
   Durante tutta la settimana non feci altro che riflettere sulle relazioni tecniche che fecero gli esperti al seguito dell’architetto che, quand’anche mi fossero sembrate in quel momento, curiose e stravaganti, adesso, come si suol dire “a bocce ferme” qualcosa di vero e sensato in quelle conclusioni, potrebbero essere degne di una valutazione più attenta con tutte le precauzioni e accortezze del caso.
   Una tranquilla serata in famiglia in attesa della cena e della successiva visita nello studio dell’architetto. Tivvù accesa, telecomando a portata di mano, una leggera pressione sul tasto in alto a sinistra ed eccolo il primo canale appena in tempo per il tiggì serale che apre con una strana notizia. Si tratta  dell’esito di un sondaggio, una statistica secondo la quale si abbandona la vita terrena, forse sarebbe più giusto dire, si passa a miglior vita, nella maggior parte dei casi non di vecchiaia bensì di fame, sete, malattia, incidente, avvelenamento, suicidio, omicidio oppure, si fa fatica a credere ma è proprio così, per aggressione da animali feroci.  Stavo per cambiare canale, avevo già afferrato quel micidiale attrezzo attraverso il quale quel signore del tiggì  rigorosamente in giacca e cravatta, all’interno del televisore mi stava facendo andare di traverso la cena quando una forza invisibile mi ha trattenuto e costretto a riflettere e immaginare a che razza di finale potrei mai andare incontro e magari eliminare quello, si fa per dire, che ritenevo più ovvio fino ad un attimo fa, di schiattare in un ospizio o morire di vecchiaia.
   La sorte non contempla la facoltà di scegliere come andarsene, sarebbe troppo bello scegliere un’altra variante ma non esiste, bisogna rassegnarsi alla incognita della dipartita senza stare troppo a cincischiarsi sopra, perché sono molto di più le possibilità che ognuno di noi crepi per un terremoto con relativa trave che ti frani sulla testa o magari sbranato da un orso inferocito, rispetto a quella di abbandonare questa vita nella propria dimora tra familiari e amici e tutti davanti al capezzale affranti  dal dolore e dalla “disperazione”, o almeno dovrebbe essere così.
   Non possumus…. Il trapasso non avverte nessuno e quando arriva scompariamo tutti dalla faccia della terra, belli e brutti e per fortuna, se così possiamo chiamarla, se ne vanno all’altro mondo anche chi possiede tesori e ricchezze accumulate durante la vita.
Le brutte notizie che quel signore alla tivvù ci annuncia non mi mettono proprio di buon umore e considerato che di lì a poco mi sarei dovuto presentare al “cospetto” dell’architetto, abbandono quel canale per tuffarmi nel tiggì locale. C’è sempre qualcosa di interessante da sapere, si tratti di cronaca locale o di politica amministrativa ha poca importanza anche se le dirette dal consiglio comunale sono di gran lunga le più seguite, per quanto mi riguarda.

   Telecomando alla mano basta salire di una decina di canali dopo aver attraversato le solite ricette culinarie tra  padelle antiaderenti, veggenti e maghi che garantiscono vincite al lotto, per non parlare delle aste telefoniche su gioielli, orologi e quadri di autori sconosciuti, ebbene dopo aver girato tutto l’arco costituzionale a mia disposizione mi fermo finalmente sul tiggì locale. Niente di interessante oltre alle solite previsioni del tempo, alle notizie sportive della squadra di calcio e alla imminente festività del santo patrono con annessi fuochi artificiali a mezzanotte in punto.
   Si cena ma questo comunque mi riporta al pensiero del mio camino e a cosa vorrà dirmi o propormi per l’ennesima volta quel benedetto architetto.
   Quel camino, riflettendoci bene, in effetti ha qualcosa di strano e quelle sue eccessive dimensioni fanno riflettere al punto tale che ogni notte, prima di addormentarmi, non faccio altro che pensare quale fosse stato il motivo che indusse quel lontano costruttore del secolo scorso a progettare e costruire quel camino al centro del salone e con quelle dimensioni, sproporzionate rispetto all’intero locale.
    E in effetti il capomastro, un corpulento e burbero omone barbuto, fece le mie stesse considerazioni tant’è vero che alle sue astruse teorie, le ritenni tali, ricordo adottò un teorema proprio della matematica superiore rifacendosi e seguendo uno schema, un metodo per riuscire a capire cosa celasse al suo interno il camino, arrivando a scomodare persino Pitagora e Galileo Galilei, con calcoli che solo i nostri scienziati seguivano per misurare quadrati, triangoli, radici quadrate e le distanze siderali tra le stelle la Terra e tutti gli altri pianeti.
    Insomma quel mio camino stava mettendo a dura prova l’immaginazione nonché la fisica, la geometria, la tecnologia delle costruzioni.
   Un vero dilemma oggetto di studi superiori, quel mio camino stava diventando una star e come tutte le stars le voci, pettegolezzi e maldicenze varie si propagavano alla velocità della luce per tutta Castello. La vicenda del camino era sulla bocca di tutti e persino il nostro amato sindaco menzionò, in un consiglio comunale, tutta la vicenda legata al “mistero” del camino, qualcuno incominciò persino a spargere in giro voci che all’interno di quel camino vivessero spiriti maligni e anime dei morti in continue sofferenze e tutte pronte a scatenare sulla intera popolazione terremoti e chissà quale altra sciagura.
   Evidentemente qualcuno animato da una mente troppo disturbata dal vino non si rendeva conto che il nostro sommo poeta, Dante aveva scritto la divina commedia che con i morti ed i misteri aveva avuto una diversa considerazione, più seria rispetto ai morti e alle stregonerie inventate da maghi e fattucchiere che col mistero avevano un solo rapporto, quello degli interessi, delle truffe, dei raggiri e ..dei soldi estorti a gente poco avveduta.
   Fine settimana, dopo giorni di vita cittadina, Castello comunque offre spazi e luoghi di impegno culturale e sportivo di prim’ordine, mi appresto a “rifugiarmi, come mio solito in quella mia nuova dimora in montagna, il fine settimana è l’ideale per andare a rilassarsi senza rotture di scatole, tra la natura, il verde e soprattutto il silenzio in quel casolare che, con qualche fatica ho rimesso in piedi e che è ora diventato una meta per tutti, escursionisti, semplici visitatori e, purtroppo, molti sconosciuti che credono di assistere a qualche fenomeno di magia nera o cose del genere intorno al mio camino che vorrebbe tanto venisse lasciato in pace dopo un paio di secoli di pace e tranquillità.
   Venerdì sera…dopo un pasto frugale, mi avvio verso l'appuntamento con l’architetto. Serata calma, fa freschetto, l’ideale per una passeggiata….. ne approfitto per fare un giro più largo, imbocco via porta Napoli, l’ingresso Sud per accedere al paese, supero il distributore della Q8, appena rimesso a nuovo, con bar e ristorante, oltre l’ampia vetrata si scorgono clienti seduti ai tavoli e qualcun'altro a smanettare nelle slot, un ragazzo in camicia bianca e cravatta dietro al bancone intento a spolverare bicchieri e riporli ordinati sui ripiani in vetro alle sue spalle, assieme agli alcolici e succhi di frutta in barattoli.
   Superata la prima rotonda, volto a sinistra e prendo una stradina laterale che costeggia lo stadio oltre il quale raggiungo via Sangro. Non è trafficata, illuminata da una serie di lampioni posti ad una cinquantina di metri di distanza l’uno dall’altro, il parcheggio illuminato dalle insegne del Market Orsini, del tutto vuoto e la cosa mi appare strana e singolare, abituato a vederlo sempre occupato da auto di clienti che entrano e escono indaffarati coi carrelli della spesa.
   Proseguo sulla pista ciclopedonale, da poco costruita, superando alcuni negozi, edicole e oltrepassando il ponticello sul fiume Zittola scorgo in fondo l’abitazione dell’architetto, sul citofono una lista dei nomi e per ultimo quello dell'architetto.
    Una rampa di scale che si snoda in un corridoio con le pareti dipinte di un tenue color grigio. Gli scalini in marmo lucidi  consumati e scheggiati in più punti, sul primo ballatoio qualche condomino ha voluto dare un tocco di vita in questo spazio triste e inanimato posizionando al centro un vaso di ceramica contenente una pianta di ficus con foglie verdi brillanti in evidente contrasto con una busta di immondizia che faceva bella mostra di sè proprio lì accanto, il  tutto avvolto da un silenzio spaventoso e interrotto soltanto dai lievi passi e dalla  voce dell'architetto che venendomi incontro mi salutava invitandomi nel suo studio.
L'ambiente è accogliente, non sembra affatto lo studio di un professionista ma l'interno dell'ufficio di un addetto allo sportello del comune o dell'inps, una fotocopiatrice, una stampante e su uno scaffale a più ripiani troneggia una vecchia macchina da scrivere, un vero e proprio gioiello del passato, una Olimpia  dai tasti neri lucenti… e se immagino il periodo credo di non sbagliare troppo nell’affermare che risalga agli inizi del secolo scorso. Ne posseggo una anche io e, a differenza dell’architetto la mia fa bella mostra di se stessa in un angolo dimenticato della soffitta tra scaffali, cassetti impolverati e una montagna di libri di storia che prima o poi dovrò sistemare in qualche modo e tra le tante soluzioni non scarto quella di bruciarli tutti.
   Sulla scrivania da un lato una pila di faldoni chiusi e dall’altro una cartella aperta contenente vari documenti, qualcuno di questi attira la mia attenzione, incuriosito non ho potuto fare a meno di darci una sbirciatina con la coda dell’occhio. Si trattava di una relazione relativa ad un progetto, un qualcosa che riguardava il Piano regolatore generale dell’intera zona dove ricadeva il mio casolare.
   Tutto incominciava ad apparire più chiaro, le nuvole si stavano diradando e incominciava a intravedersi il sereno, i veri motivi, i tanti interessi intorno al mio casolare, il destino di quel casolare per troppo tempo abbandonato avrebbe dovuto, secondo l’architetto, essere abbattuto per fare spazio a nuove costruzioni o diventare rifugio per attività culturali o di aggregazione per la comunità e... per gli interessi di qualcuno.
   In poche parole stavano mettendo gli occhi sulla mia creatura per scopi che andavano ben al di là di una semplice ricerca su un ipotetico nascondiglio segreto contenente un altrettanto immaginario tesoro, peraltro mai dimostrato dopo innumerevoli tentativi e calcoli farlocchi.
   Quell’incontro, cordiale e amichevole, almeno all'apparenza, durò una decina di minuti e tanti bastarono all’architetto per capire che avevo ben chiara in mente una sola cosa, che io e il mio casolare, camino compreso, non ci saremmo mai separati, per nessun motivo nonostante l'offerta allettante, molto allettante, che mi fu proposta e che avrebbe convinto chiunque a cedere ma... "al cor non si comanda" e il Dio denaro che si insidia in ogni anfratto della nostra esistenza, stavolta abbandona la contesa e si ritira in buon ordine. Tutto è in vendita, tutto si compra coi soldi ma la felicità, la salute,l'orgoglio non si comprano coi soldi tantomeno si barattano.
Ripresi la strada del ritorno, soddisfatto e appagato da quella che ritenevo una semplice formalità dall'esito già scritto.
Stavolta il freddo pungente si sentiva, penetrava nelle ossa, affrettai il passo passando dinanzi a un gruppo di persone che sostavano sul marciapiede dinanzi alla banca discutendo animatamente sulle imminenti festività natalizie, sui regali, inviti a cena e sull'eccessivo sperpero di danaro pubblico. L'oggetto del contendere divenne ancora più controverso quando qualcuno affrontò l'argomento dei costi relativi alle luminarie che erano state istallate lungo via Porta Napoli e via xx Settembre e che restavano accese la notte e anche parte del giorno. " Saranno pure belle ma a me tutte quelle lampadine accese mi sembrano una vera e propria carnevalata che per giunta paghiamo tutti noi...." immediata fu la risposta di una anziana signora  che si intromise nella discussione: " Ma non dire sciocchezze quelle luci accese rappresentano il simbolo della Natività, del Natale, possibile che non lo capisci, se non ti piacciono le nostre tradizioni religiose vattene a vivere tra i mussulmani...". Si stava accendendo una discussione animata a quell'ora insolita della notte. Rientrai a casa sul tardi.
   Una notte insonne e tormentata, quel pensiero e tutto quel danaro stavano mettendo a dura prova la mia debole ostinazione e difatti cedetti dinanzi alle lusinghe e ai soldi. Un paio di firme qua e là e il mio casolare, assieme al suo cuore pulsante del camino che tanto avevo difeso, subì il più vile e ignobile tradimento, venduto e abbandonato al suo destino. La fine che fanno tutte le cose vecchie e inutili. Abbattuto dalle ruspe e sostituito da una palazzina moderna assieme a tante altre per la gioia dell'architetto e soprattutto di mia moglie che tanto si è spesa per quell' obbrobio da abbattere a tutti i costi. "I soldi fanno venire la vista ai cecati", qualcun'altro invece afferma: "Coi soldi appicci il fuoco anche sott'acqua in mezzo al mare" e mai tanti proverbi risultano così azzeccati.
Sono passati ormai una decina di anni da quella notte tormentata, da quegli incubi che mi torturavano, ma da allora, dopo quel brutto sogno.....non mi muovo più dal casolare, davanti al mio camino, sempre acceso.
Adesso è quasi mezzanotte, sono tutti a letto, soltanto io e mia moglie ce ne stiamo seduti sulla sedia a sdraio agli angoli del camino, lei ogni tanto sferraglia coi ferri in mano nel, vano tentativo di riuscire a fare un golfino di lana e rammendare un mio calzino, ed io con la sigaretta accesa a fare i cerchietti di fumo.
E' una delle prime serate d'autunno, incomincia a fare freschetto, il fuoco arde con una fiamma bassa e aspetto che si formi la brace per cuocere qualcosa. Il silenzio è d'oro, non fiata nessuno, il calore, la pace, la tranquillità intorno al camino, sono sensazioni impagabili. Non vola una mosca e mi sta venendo sonno, soltanto mia moglie ogni tanto rompe l'incantesimo e straparla.... "...eppure lì dentro c'è qualcosa". Non si rende ancora conto che il segreto vero è quello che ha di fronte, dal valore immenso.
I miei amici, a valle, si chiedono come mai non vado più al bar a trovarli come una volta e pensano che sia addirittura diventato un eremita, un asociale, vecchio e rancoroso. Circolano voci che abbia persino stretto un patto col diavolo e che tutte le sere, prima di addormentarmi, esce dal camino per venire ad insegnarmi come fare i malocchi, leggere le carte e mandare maledizioni e iatture..
   Niente di tutto questo, la pura e semplice verità è un'altra, faccio semplicemente la guardia, come quel soldato giapponese che terminata la guerra ancora continuava a vedere il nemico. Ma non mi fido, anche io faccio il piantone tutti i giorni al mio vecchio e indifeso camino perché la guerra non è finita......(bv)