Un vecchio casolare abbandonato,
ai piedi dell’Arazecca la nostra montagna, ereditato dai miei nonni,
inabitato da anni e ricoperto di rovi e sterpaglie è ritornato a vivere
da quando ho deciso che ristrutturarlo e venirci a vivere per qualche
tempo, magari solo per i fine settimana, sarebbe stata una alternativa
utile a tenermi impegnato da pensionato, insomma unendo l’utile al
dilettevole, come ebbe a dire un famoso pensatore italiano, di qualche
secolo fa di cui non ricordo il nome. Una costruzione immersa nella tranquillità della campagna, circondato da alberi e da campi incolti non è proprio il massimo delle aspirazioni per chi è abituato alla vita di comunità con tutte le comodità che questa riserva ma, come si suol dire “ Non è bello ciò che è bello ma ciò che piace”. La struttura ha spesse mura in pietra, il tetto con le tegole gialle, quelle che si usavano una volta, i cosiddetti coppi risalenti alla prima metà del secolo scorso e le travi in legno geometricamente disposte sul soffitto e ben visibili che danno un ulteriore risalto all’intero ambiente in una perfetta combinazione tra bellezza e funzionalità. C’è da dire, ad onor del vero, ciò che risalta maggiormente agli occhi di chi entra è un enorme camino in pietra e mattoni che si erge maestoso al centro dell’ampio salone d’ingresso, chiunque lo osservi non può che rimanervi impressionato. Ammirandolo non è difficile immaginare come si viveva il secolo scorso intorno a quel camino in un’atmosfera calda e accogliente senza computer, cellulari e televisione. Non occorre molta fantasia nell’immaginare che quel camino fosse sempre acceso non solo per riscaldare l’ambiente ma soprattutto per cucinare. Appesi alle pareti, trofei di caccia e antiche foto incorniciate e in bianco e nero, che raccontano probabilmente la storia dei miei avi e di chi vi ha vissuto ancora prima. Spiccano più in alto due immagini, una riguarda Vittorio Emanuele, il nostro sovrano e l’altra ritrae sempre in nostro sovrano con alla sua sinistra il capo del governo Cavour e dall’altra parte quel generale Cialdini che tanto si adoperò nel nostro meridione per costringere alla resa con le buone e cattive maniere, soprattutto queste ultime, l’allora re Borbone, Francesco II che combattè assieme alla consorte, la regina Maria Sofia di Borbone, e si arresero solo quando restarono soli, senza più armi né viveri. Un grande sovrano ricordato ancora oggi da quel grande maestro Nicola Piovani che qualche anno fa compose una bellissima poesia cantata “O’Re…..Steve nu re che tant tiempe fa teneva o regno chiu belle cha ce sta, cient castielle attuorno a na città, mille curalle pe se varia. Steve nu re che pe fatalità perdette o regno e a chiave da città e cu dulore perdette pure ammore, tutte e castielle bell, senza sapè, senza pecchè e nanze la regina restai sultanto o re”. Bellissima è possibile ascoltarla su You Tube. Ritornando al casolare, pochi ritocchi alle mura esterne, qualche rattoppo qua e là internamente e tanto lavoro intorno alla struttura con l’abbattimento di alcuni alberi pericolanti, la sistemazione dell’intero recinto perimetrale e lo stradello di accesso con relativo cancello in ferro. Ma il padrone di casa è Il camino, dalla forma quadrata alla base ed è probabile che quell’architetto si sia ispirato a qualche piramide d’Egitto con la sola differenza che quel camino alla estremità superiore, a differenza delle piramidi, si assottiglia leggermente e sbuca oltre il tetto attraversando, anzi sfiorando, le travi in legno che sorreggono l’intera copertura ed in questo mia moglie ha ragione da vendere quando dice che quel camino prima o poi brucerà tutte le travi in legno ma quand’anche avesse ragione, sono sempre io a dire l’ultima parola e, per quanto mi riguarda la risposta è sempre la stessa, non si tocca nulla. Mia moglie ha la fissa di quel camino brutto e ingombrante e non si risparmia nel ricordarmi che quell’obbrobrio, così lo definisce, prima o poi dovrà essere abbattuto. Ma quel camino rappresenta la mia vita, la mia anima, i ricordi di tante generazioni vissute e immagino anche tra tante privazioni e sofferenze. Guaio a toccarlo, per nessun motivo, dovrà rimanere al suo posto integro in tutto il suo carico di storia. Qualche giorno fa a mia insaputa, venne a farci visita l’architetto Fiocca, su invito di mia moglie, che tirò fuori una strana storia relativa al mio camino. In poche parole l’architetto, con un giro di parole e di tecnicismi complicati e difficile da comprendere…asseriva, credendo di avere di fronte uno sprovveduto montanaro, che la forma di quel camino, le sue dimensioni e persino la sua dislocazione al centro della stanza tutti elementi che facevano supporre, secondo le sue teorie, che al suo interno vi fosse uno spazio vuoto, un ripostiglio segreto, indi per cui molto probabilmente vi era custodito in una intercapedine… un tesoro, quindi, secondo le sue intenzioni, non le mie, quel tesoro andava scoperto. Possibile mai, dico io, che quel casolare costruito agli albori dell’Unità d’Italia, magari l’aveva visto nascere persino Peppino Garibaldi e da allora a nessuno dei tanti occupanti che si sono succeduti, possibile mai che nessuno si sia accorto di un tesoro nascosto custodito nelle viscere del camino? Ma guarda un po', soltanto il nostro illustre architetto con la complicità di mia moglie, quasi due secoli dopo ha capito che bisogna distruggere a tutti i costi quella creatura che finora non ha mai fatto male a nessuno? Troppo livore per quel totem che padroneggia al centro della stanza, persino i parenti che vengono a visitarmi non fanno altro che ripetere la stessa cosa contro quel camino, quel pezzo di storia, e questo mi fa spesso pensare che ci sia in atto una sorta di trama ordita da chissà quale mente perversa, una mente grigia che vuole a tutti i costi andare a vedere cosa nasconde quel mio monumento sacro. Ma i tapini, compresa mia moglie, dovranno passare sul mio corpo nonostante la fila dei miei avversari, sempre più numerosi e tutti animati dalla irrefrenabile voglia di mettere le mani su quella mia creatura. E’ il Dio danaro, altro che estetica, appena i parenti serpenti, con mia moglie in testa, hanno fiutato l’odore dei soldi si sono tutti buttati a capofitto sull’osso da spolpare con la scusa che quel camino al centro dell’enorme struttura ostruisce il passaggio o altre diavolerie frutto della mente contorta dell’architetto. Ammesso anche che avesse ragione e cioè che in qualche anfratto del camino vi fosse nascosto un tesoro cosa cambierebbe? Niente, assolutamente niente perché il vero motivo di tutto non attiene affatto alla estetica men che meno allo spazio bensì al tesoro nascosto, alla frenesia di convincermi a tutti i costi della bontà delle loro convinzioni. Continuavo a stare al gioco quand’anche incominciavo a infastidirmi leggermente perché questa gente non si rendeva conto che quel camino non era oggetto di dispute fra parenti ma apparteneva al sottoscritto nonostante continuassero a sfidarmi con astrusi calcoli che non avevano proprio nulla a che vedere con uno studio serio quindi, credibile. Qualche sera fa si presentarono in tre a farmi visita, l’architetto e due suoi sodali, un geometra ed un capomastro, un signore tracagnotto con l’aria da saputello che incominciò, senza neanche chiedere il permesso, a circumnavigare la mia creatura, osservandola da tutte le latitudine e questo confermava il motivo di quella visita che non aveva nulla a che vedere con una visita di cortesia ma altro non era che l’ennesimo tentativo per indurmi a cambiare idea; “Vede signor Buzzelli,” disse il capomastro dopo aver osservato in lungo ed in largo il camino, “ Questa è una costruzione davvero notevole,” “Si “ risposi compiaciuto stando al gioco “Lo dicono tutti…”. Evidentemente la mia risposta decisa non sortì nessun effetto ai miei ospiti i quali, noncuranti del mio modo perentorio di rispondere si affrettarono a tirare fuori dai borsoni tutto l’occorrente per iniziare a fare i raggi ics in ogni parte del camino con l’intento di riuscire a trovare qualcosa. “ Signor Valter per quanto sia larga la canna fumaria lassù in alto, non se ne deduce il motivo e la ragione per cui si giustifichi l’ampiezza della sua base, eccessivamente sproporzionata rispetto all’intera struttura”, prese quindi il regolo e misurò l’intero perimetro, tutto ovviamente senza avere il benchè minimo riguardo del padrone di casa ma, come dicevo, stavo al gioco anche perché l’ultima parola toccava sempre al sottoscritto e questo particolare curioso mi ricordava quando giocavamo a pallone da piccoli e che la regola, seppur non scritta, era sempre quella che a vincere fosse sempre il proprietario del pallone, tant’è. Il geometra, aiutato dal capomastro, dopo la misurazione, tirò fuori le sue conclusioni, “ Guardi signor Buzzelli,” disse tirando fuori dalla tasca un blocchetto per gli appunti e un mozzone di matita rossa, quella che usano i carpentieri“ Quattrometri e trenta per cinque metri e venti fa tot…., tremetri e cinquantacinque per ottometri e mezzo fa tot… dunque sommiamo questi e sottraiamo quest’altri e il risultato viene tot…., proprio come prevedevo, ha visto?”. Insomma per farla breve, dopo tutti questi calcoli cosa disse a conclusione il geometra? Mi informò, davanti ad un dubbioso architetto che, dopo quella serie interminabile di calcoli, l’intero camino era stato costruito con migliaia e migliaia di mattoni e pietre. C’è da rimanere allibiti, da schiattare dalle risate…. !!!! Grande, pensai, se me lo avesse chiesto, magari telefonandomi glielo avrei detto anche io e gli avrei risparmiato la faticaccia di arrivare fin quassù….. a metà Arazecca evitando il fiume Sangro e tutti i sentieri tra rovi e sterpaglie per non parlare dei cinghiali che quando ti incontrano sul loro cammino non chiedono il permesso a nessuno. Sconsolati non ebbero il tempo di addivenire ad una conclusione avvalorata da una qualche credibilità e prim’ancora di riavviarsi tutti lungo il sentiero, rifacendo quindi il percorso inverso, l’architetto mi chiese se ero disponibile ad un incontro nel suo studio “senza alcun impegno” concluse, e questa volta notai con malcelata goduria che il tono dell’architetto fosse più cortese e gentile rispetto alle volte precedenti. Bene, immaginai, qualcosa stava cambiando, accettai il suo invito e concludemmo che ci saremmo rivisti nel suo studio il successivo fine settimana. Durante tutta la settimana non feci altro che riflettere sulle relazioni tecniche che fecero gli esperti al seguito dell’architetto che, quand’anche mi fossero sembrate in quel momento, curiose e stravaganti, adesso, come si suol dire “a bocce ferme” qualcosa di vero e sensato in quelle conclusioni, potrebbero essere degne di una valutazione più attenta con tutte le precauzioni e accortezze del caso. Una tranquilla serata in famiglia in attesa della cena e della successiva visita nello studio dell’architetto. Tivvù accesa, telecomando a portata di mano, una leggera pressione sul tasto in alto a sinistra ed eccolo il primo canale appena in tempo per il tiggì serale che apre con una strana notizia. Si tratta dell’esito di un sondaggio, una statistica secondo la quale si abbandona la vita terrena, forse sarebbe più giusto dire, si passa a miglior vita, nella maggior parte dei casi non di vecchiaia bensì di fame, sete, malattia, incidente, avvelenamento, suicidio, omicidio oppure, si fa fatica a credere ma è proprio così, per aggressione da animali feroci. Stavo per cambiare canale, avevo già afferrato quel micidiale attrezzo attraverso il quale quel signore del tiggì rigorosamente in giacca e cravatta, all’interno del televisore mi stava facendo andare di traverso la cena quando una forza invisibile mi ha trattenuto e costretto a riflettere e immaginare a che razza di finale potrei mai andare incontro e magari eliminare quello, si fa per dire, che ritenevo più ovvio fino ad un attimo fa, di schiattare in un ospizio o morire di vecchiaia. La sorte non contempla la facoltà di scegliere come andarsene, sarebbe troppo bello scegliere un’altra variante ma non esiste, bisogna rassegnarsi alla incognita della dipartita senza stare troppo a cincischiarsi sopra, perché sono molto di più le possibilità che ognuno di noi crepi per un terremoto con relativa trave che ti frani sulla testa o magari sbranato da un orso inferocito, rispetto a quella di abbandonare questa vita nella propria dimora tra familiari e amici e tutti davanti al capezzale affranti dal dolore e dalla “disperazione”, o almeno dovrebbe essere così. Non possumus…. Il trapasso non avverte nessuno e quando arriva scompariamo tutti dalla faccia della terra, belli e brutti e per fortuna, se così possiamo chiamarla, se ne vanno all’altro mondo anche chi possiede tesori e ricchezze accumulate durante la vita. Le brutte notizie che quel signore alla tivvù ci annuncia non mi mettono proprio di buon umore e considerato che di lì a poco mi sarei dovuto presentare al “cospetto” dell’architetto, abbandono quel canale per tuffarmi nel tiggì locale. C’è sempre qualcosa di interessante da sapere, si tratti di cronaca locale o di politica amministrativa ha poca importanza anche se le dirette dal consiglio comunale sono di gran lunga le più seguite, per quanto mi riguarda. Telecomando alla
mano basta salire di una decina di canali dopo aver attraversato le
solite ricette culinarie tra padelle antiaderenti, veggenti e
maghi che garantiscono vincite al lotto, per non parlare delle aste
telefoniche su gioielli, orologi e quadri di autori sconosciuti, ebbene
dopo aver girato tutto l’arco costituzionale a mia disposizione mi fermo
finalmente sul tiggì locale. Niente di interessante oltre alle solite
previsioni del tempo, alle notizie sportive della squadra di calcio e
alla imminente festività del santo patrono con annessi fuochi
artificiali a mezzanotte in punto.
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