L’età è quella che è. Potrebbe sembrare una frase fatta, buttata lì per chiudere un discorso noioso… ma questa volta non lo è stato affatto poichè mi sono trovato, mio malgrado, a confrontarmi con la realtà vera, appunto quello dell’età e mai avrei immaginato che una siffatta banalità avesse avuto un senso vero e per giunta dopo averlo toccato con mano. La carta d’identità scaduta è una piccola incombenza che in mattinata dovrà impegnarmi presso l’ufficio anagrafe del municipio, per il rinnovo. Una nuova identità da pensionato, l’età è quella che è … e mi adeguo in religioso silenzio alla nuova condizione, al nuovo status senza tanti particolari stati d’animo.
   Una vecchia sveglia, antichissima e ammaccata in più parti, una “Universal” del 1880, mi sveglia con un rumore assordante non molto più forte del normale ticchettìo che scandisce quello dei secondi. Una leggera pressione sul pulsantino metallico e la tacito senza tante cerimonie anche se meriterebbe più rispetto non foss’altro perché testimone della storia d’Italia, dei bersaglieri e della presa di Porta Pia. Un secolo e mezzo di vita e ancora in grado di scandire il tempo e competere con i più moderni orologi e sveglie nelle loro infinite versioni analogiche e digitali.
   A colazione un paio di biscotti inzuppati nel the e pronto a recarmi in comune per la tanto agognata carta nuova. Non c’è fretta, mi avvio a piedi e arrivo in anticipo davanti al portone già aperto, dovrei essere uno dei primi mi piazzo davanti all’ufficio in attesa del mio turno.
   Pensavo fosse una semplice operazione, una normalissima procedura da affrontare con qualche firma messa qua e là e invece mi sono ritrovato, sensibile come sono, ad affrontare un problema imprevisto che mi ha causato un piccolo trauma psicologico che per fortuna col tempo è sparito. In poche parole oltre quel vetro che separa il Comune dai cittadini si avvicina l’impiegata dell’ufficio addetta ai servizi anagrafici e dopo avermi squadrato da capo a piedi e con un sorriso sardonico e anche un po' schifato non trova di meglio che salutarmi con un perentorio “pensionato eh…? “. Tempo un paio di secondi e avvertii, in quello strascinato “…eh” finale, tutta la tensione che aumentava man mano che fissavo quell’impiegata, la stessa tensione che generalmente corre tra cani e gatti, tra parenti serpenti, tra cittadini in eterno lamento contro la politica, contro il governo, il sindaco e contro i suoi impiegati allo sportello.
   Questi ultimi, non è un luogo comune, non hanno una buona fama di lavoratori indefessi e disponibili verso il pubblico ma spesso fanno del tutto per rendersi antipatici e persino strafottenti, come nel mio caso.
   L’addetta, incurante del mio palese imbarazzo, come se nulla fosse si fece consegnare dalla collega, addetta al disbrigo, la mia nuova Cd’Identità, un rettangolino plastificato con la mia faccia digitalizzata, che mi consegnò soltanto dopo aver ritirato quella vecchia e dopo averle dato, con malcelata goduria, un taglio netto con delle lunghe forbici spuntate da qualche parte e utilizzate al solo scopo di togliere la vita, una condanna a morte eseguita in piena regola da un boia eccitato dietro lo sportello e con una sforbiciata non meno dolorosa di una ghigliottina.
   Un taglio netto alla mia vecchia cara C. d’Identità, c’ero affezionato tanto, eppure in un attimo è stato reciso il mio passato, diviso il mio status da lavoratore a pensionato, da utile a inutile, dalla luce alle tenebre, come uno sfigato Mosè pronto ad avventurarsi verso il deserto, verso l’ignoto biblico, verso quelle scale ripercorse mezz’ora prima con tanta disinvoltura e che adesso le scende a fatica e a testa basa, tanta è la voglia di scappare dopo quella orrenda sforbiciata, quella crudele mutilazione, imprevista e per questo ancora più disumana e dolorosa.
   Quell’impiegata stava svolgendo soltanto il suo lavoro ma per un attimo ho pensato che avesse il cuore scollegato dal cervello perché avvertii, nel momento in cui effettuava quel gesto, fosse in qualche modo una persona frustrata da chissà quale invidia cronica nei confronti di qualcuno o forse del mondo intero.
   Quella mia vecchia cara C.d’Identità rappresentava per me un trofeo da mostrare, una identificazione sacrale, la consideravo uno scrigno all’interno del quale c’erano racchiusi i miei tesori, la mia vita, i miei ricordi, il mio lavoro e adesso con un taglio netto, come fosse una fetta di prosciutto o una salsiccia di fegato, violentata e tagliata per sempre e, cosa peggiore, umiliata proprio davanti ai miei occhi.
   Ma cosa le sarebbe costato a quell’impiegata frustrata dal mettere da parte quella mia reliquia e magari bruciarla o squagliarla nell’acido in mia assenza? Santiddio, perché bisogna essere così malvagi e insensibili, era davvero così pericolosa e minacciosa quella mia precedente vita tanto da subirne una mutilazione e proprio in quell’istante, nel momento in cui mi adeguavo sommessamente a rivestire nuovi panni dopo quelli unti e bisunti ma dignitosi e soprattutto umili del mio passato?
   Conoscevo l’impiegata, una aitante signora di mezza età, elegante e di bell’aspetto, eppure avrei voluto, dopo quel taglio, dirle in faccia tutta la mia verità sul suo conto che non era affatto bella, che aveva il naso aquilino, gli zigomi sporgenti e che era pure in evidente sovrappeso ma non l’ho fatto, ripiegando con un saluto appena accennato che mi è costato tanta fatica ma è stato meglio così, il buonsenso ed il rispetto, per non parlare dell’eleganza, hanno avuto il sopravvento e mogio e desolato come un novello Enea sono scappato da Troia verso…. la foce del Tevere, cioè verso casa, con la mia nuova identità plastificata portata a fatica sulle spalle e da lì iniziare una nuova vita, per meglio dire, di quel che ne resta.
   La mia nuova Carta di Plastica è leggera, comoda, moderna e, dicono gli esperti, può essere usata anche per accedere a Internet, Inps e a tutti i servizi della Pubblica amministrazione attraverso un codice ed una serie indistinta di numeri impressi sul frontalino. Il progresso vuole le sue vittime e anche questa volta fa male.
   Su quella nuova, bella, lucida, moderna e utile carta d’identità non c’è più riportata la mia vita, quella del passato bensì quella del futuro e la dicitura “Pensionato” vero e proprio marchio identificativo riportato sul davanti è tutto a dimostrare quanto fossero dolorose le vittime del progresso. (bv)