Iniziare un viaggio da soli e senza la seccatura dei bagagli
è la miglior cosa, si hanno due vantaggi, le mani libere e la sensazione di
arrivare prima a destino.
Castello è nel caos tra il calcio, turismo ed i problemi
legati alla pandemia e quale migliore occasione approfittarne ora, ad inizio
settembre, con un clima più mite per fare quel viaggio che avevo messo in
cantiere da qualche tempo e che ho sempre rimandato per tanti motivi, non
ultimo quello legato ai divieti imposti dal coronavirus.
Nessun bagaglio, la mia assenza da Castello non si
protrarrà oltre la giornata, al massimo due, ma di chilometri da mettere tra
Castello e la mia destinazione sono tanti e la prospettiva del ritorno, in
treno prima e corriera poi, una qualche apprensione potrebbe anche
procurarmela, non foss’altro perché l’ultima volta che sono salito su una
corriera è stato quando ancora portavo i calzoni corti, lontani ricordi che
li accolgo sempre volentieri quand’anche di anni ne siano trascorsi davvero
tanti.
Ne parlo in famiglia, un breve consulto, giorno e ora di
partenza prefissati, c’è tempo a sufficienza per sistemare tutto
l’occorrente, documenti, carta di credito, pochi spiccioli, i biglietti di
viaggio e l’ormai immancabile telefonino, io lo chiamo ancora così anche se
a casa mi dicono che dovrei adeguarmi ai tempi e chiamarlo col suo vero
nome, cell, iphone o altre diavolerie che ci propinano la tecnica ed il
progresso, si ha l’impressione che la nostra Lingua ci stia abbandonando un
po' alla volta e, come recita un vecchio adagio, il progresso vuole le sue
vittime, nel frattempo il nostro Dante si starà rivoltando nella tomba.
L’amico, cui vado a fare visita e che non vedo ormai da
tanti mesi, dopo una vita trascorsa dalle nostre parti, è ritornato tra la
sua gente nel suo paese natìo, in quella terra che ancora chiamava Lucania
con ostentato orgoglio e fierezza soprattutto quando la associava alla
storia del Meridione, alla sua gente, ai suoi trascorsi iniziali e persino a
quel suo orticello che curava il fratello Alessandro e che spesso mi
mostrava al telefonino i frutti già maturi che si raccoglievano a inizio
Giugno quando da noi ancora faticavano a spuntare dal terreno.
La Domenica mattina ci vedevamo per la colazione, era
diventata ormai una abitudine fortemente consolidata e che si finiva sempre
nel parlare del suo paese, della storia risorgimentale del nostro
Mezzogiorno coi Borbone, i Savoia e i Piemontesi con il re Vittorio Emanuele
e, dulcis in fundo, il Napoleone che ci stava sempre bene, per non parlare
dei briganti e delle ruberie tra morti ammazzati e la miseria, sempre
presente e attuale. Questi erano i discorsi più ricorrenti e sui quali anche
il sottoscritto ci si tuffava dentro per stuzzicarlo e spronarlo alla
“contesa” e qui il mio amico accettava sempre la sfida ed era l’occasione,
soprattutto per me, per rinverdire un po’ la storia, specialmente quella
Unitaria del diciannovesimo secolo tra i “nostri” sovrani Ferdinando e
Francesco e quei Piemontesi che con la scusa dell’Italia unita avevano
affamato l’intero Meridione e qui Enzo, lo chiamo così ma è un nome di
comodo, dava il meglio di se stesso davanti alla solita spremuta di frutta,
arance, carota e limone che spesso condivideva con gli altri.
Preparatissimo, colto e raffinato, nel linguaggio come nei
modi, mai sopra le righe, un galantuomo, peccato davvero si trovi adesso
così lontano ma tant’è, la vita purtroppo impone a tutti le proprie regole.
In via Vittorio Emanuele al civico 22, una elegante attività commerciale da
poco rinnovata, orologeria e oreficeria di prim’ordine, entro e un breve
motivetto musicale mi accoglie, il signor Franco, che conosco da una vita mi
riconosce subito, ci salutiamo e gli spiego del mio viaggio, cosa intendo
fare e senza pensarci più di tanto ha già pronta la soluzione che ovviamente
mi soddisfa e nel volgere di un paio di giorni, il tempo per preparare il
tutto, mi consegna due piccole targhe da portare al mio amico con
sovrimpressa una frase a ricordo dei suoi amici di Castello ed il saluto
della municipalità e della città di Castel di Sangro, per il tramite del
nostro sindaco, che lo ha ospitato per tanti anni.
Un ottimo lavoro che certamente farà la sua bella figura,
d'altronde in quel negozio precisione ed eleganza resistono da una vita e
l’oreficeria Di Gregorio è una garanzia indiscussa a Castello. Non mi
prolungo oltre e Franco, che non mi fa pagare, mi saluta e mi chiede in
cambio di portare anche i suoi saluti al nostro comune amico che a Castello
ha lasciato un ricordo ancora forte e vivo. Una perdita di tempo acquistare
all’agenzia i biglietti del viaggio, me li procuro stando comodamente a
casa, qualche click sul piccì, la postepay a portata di mano e nel volgere
di una decina di minuti la stampante, che incomincia a manifestare qualche
problema in fatto di velocità ma le tirerò il collo fino alla fine dei suoi
giorni, mi consegna i due biglietti in formato A4 con tutti i dati e
relativo codice di conferma dell’acquisto, tutto incluso, persino ora di
partenza del treno e della corriera che dal piazzale di Napoli P.Garibaldi
mi riporterà in serata a Castello.
Il telefonino, pardòn il cell, un paio di mascherine, gli
occhiali da vista, quelli della farmacia Rossi acquistati a 19 euro, e un
libro, l’ennesimo di Glenn Cooper, acquistato qualche giorno prima del
lockdown, fanno parte del mio bagaglio, nient’altro, va bene così, domani si
parte e mi preparo ad affrontare una giornata diversa che non ha nulla a che
vedere con il piacere di una gita fuori porta, lo scopo è un altro, andare a
far visita ad un amico, null’altro. Glielo avevo promesso e voglio mantenere
fede a quella promessa fatta qualche tempo fa in occasione di una gita che
organizzò in visita a Napoli al “suo” Cristo velato, me ne parlava in
maniera ossessiva e mi diceva sempre che un giorno o l’altro mi ci avrebbe
portato.
Lo ricordo ancora come fosse adesso, in giro per Napoli, una lezione di
storia durata una intera giornata. Enzo, preparatissimo conosceva la città
di Napoli a menadito ed era al corrente della mia passione per la storia del
Meridione e non esitava a spiegare con dovizia di particolari la storia, ad
esempio, del principe De Sangro, dell’architetto Vanvitelli che progettò la
reggia di Caserta, della residenza a Napoli del nostro sovrano nel palazzo
Reale e poi Portici e su quella ferrovia vanto del Re Ferdinando e della
Regina Maria Teresa d’Austria e che in occasione di quella inaugurazione
avvenuta nel 1839 gli ricordai un aneddoto che lessi su un giornalino
aziendale delle ferrovie che riportava appunto il pericolo che la Regina
corse mettendo un piede in fallo sul marciapiede un attimo prima dell’arrivo
del treno per l’inaugurazione ed in quella occasione fu lesto il
Capostazione ad afferrarla di peso e salvarle la vita e questo gesto gli
costò una lettera di punizione, un atto dovuto ovviamente simbolico, con la
motivazione perchè “… osò toccare la Regina “.
Questo particolare e tanti altri che ci raccontavamo,
anche a Castello, erano i momenti in cui davamo sfogo delle nostre
conoscenze sul passato del nostro Meridione e sulla sua storia troppo spesso
ricordata e giudicata negativamente e solo per sentito dire. E’ prestissimo,
Castello è ancora avvolto da una leggera foschia, mi avvio a piedi,
attraverso tutta via Porta Napoli, un marciapiede lungo seicento passi che
conto tutte le volte, ogni giorno che me la faccio a piedi per raggiungere
il centro, oltrepasso due nuovissime rotonde che svolgono egregiamente la
funzione di regolare al meglio il traffico, volto a sinistra sfiorando via
Giardini del Rio, attraverso il parco giochi da poco tempo rinnovato,
imbocco via Colonna, il Griffy alla mia destra e giù in fondo via Sangro al
terminal delle corriere.
La partenza è prevista alle sette in punto, manca poco ma
ho tempo a sufficienza per un caffè, mi siedo al bar e di lì a poco mi viene
servito all’aperto da un ragazzo che, data l’ora, ancora fatica a tenere gli
occhi aperti. Un’ora insolita, c’è altra gente, un cliente sfoglia un
giornale sportivo mentre sorseggia un cappuccino e un cornetto sul tavolo
pronto per essere divorato, in un tavolo poco distante un paio di clienti
parlano a voce alta di politica e di economia, del debito, del prodotto
interno, del reddito di cittadinanza e degli immigrati che ci tolgono il
lavoro e grazie soprattutto ai politici, ai cinque stelle e al Papa che
c’entra sempre in tutti i discorsi.
Siamo alle solite, quando si parla di politica, tutti
posseggono la soluzione alla economia che ristagna e ai mali endemici che ci
trasciniamo da sempre. Siamo bravi a trovare sempre la soluzione perché le
colpe non ci appartengono mai, sono sempre gli altri a sbagliare anche
quando qualcuno ci ricorda che dovremmo essere più realisti e soprattutto
più umili .
Una signora, non proprio giovanissima e con qualche chilo
di troppo mi passa accanto, indossa un paio di occhiali a fondo di bicchiere
e stringe in una mano un pacchetto di sigarette e nell’altra una pesante
busta di plastica che appoggia sul tavolo di fronte e visibilmente
affaticata si lascia sprofondare su una sedia di plastica che a malapena
riesce a contenerla. Mi pare di conoscerla, ma non ho tempo per i saluti
perché il telefonino incomincia a squillare e la suoneria, quella della
sigla della famosa serie western di Bonanza degli anni sessanta, fa voltare
tutti i presenti e devo ammettere che fa sempre lo stesso effetto, anche se
mi crea un qualche imbarazzo in chiesa quando dimentico di spegnerlo e la
santa inquisizione, che si cela dietro le pie donne del gruppo di preghiera
sempre in prima fila, farebbe chissà cosa per vedermi legato su una catasta
di legna e arso vivo ma Bonanza mi ricorda troppo i miei trascorsi e lo
tengo in vita perché mi piace e se piace a me deve piacere a tutti.
L’appuntamento è al bar, facciamo colazione e si parte,
siamo in largo anticipo, lasciamo Castello e puntiamo in direzione sud.
Accendo il navigatore, destinazione S.Demetrio Corone e nel volgere di un
secondo appare sullo schermo l’itinerario con annesse pause e rifornimento
di carburante, siamo nell’era del digitale e chi non si adegua è destinato a
soccombere, così dicono gli esperti.
Computer, telefonino, cellulari, ifone, televisori, modem,
antenne, gps, navigatore etc etc tutto ha a che vedere col digitale, è il
progresso che si annida in ogni anfratto della nostra esistenza e che
dovrebbe renderci la vita meno faticosa, dovrebbe ma temo che non sempre sia
così e quel progresso troppo spesso enfatizzato dovremmo, a parer mio,
rivederlo perchè non mi pare proprio che tutto sia davvero finalizzato a
lenire la sofferenza umana, troppe cose non mi quadrano ma tant’è !!!
Seguiamo la tabella di marcia e dopo un paio d’ore ci fermiamo, si volta a
destra, motel Agip di Salerno sud per la colazione.
Prima di entrare un inserviente addetto al controllo delle
mascherine ci fa segno di seguire una linea azzurra sul pavimento, le stesse
che troviamo negli ospedali , attraversiamo un corridoio lunghissimo tra
scaffali stracolmi di giocattoli di plastica, libri e vetrinette di orologi
e sveglie in bella mostra. C’è gente in attesa alla cassa e altra
indaffarata nel reparto dolciumi, una voce proveniente da un altoparlante in
alto, ci consiglia l’acquisto di cioccolatini, biscotti e marmellate al
reparto dolciumi e prelibatezze, un’altra ci propone l’acquisto di libri,
riviste, la settimana enigmistica. Una musica in sottofondo invade l’intero
locale, l’inconfondibile Sinatra e la sua My Way che stranamente si adatta
proprio alla strada che stanno percorrendo tutti i clienti all’interno del
Motel.
Il bar è a due passi ma ci tocca aspettare fino a quando una voce
metallica ci invita ad avanzare, un caffè un cornetto vuoto e si riparte
finalmente, ancora pochi chilometri e abbandoniamo l’autostrada per
infilarci nella statale SS177 , il navigatore ci ricorda che i chilometri da
percorrere ancora sono una trentina, quasi tutti in salita. Prima di
arrivare a S.Demetrio, si esce al casello di Sibari e non occorre fermarsi
perché sulla intera Salerno-ReggioCalabria il pedaggio non si paga,
l’ennesima anomalia italiana, ci allontaniamo dalla costa nel frattempo il
navigatore ci avverte che stiamo percorrendo la statale SS177, il sole è
alto, incomincia a far caldo forte ma è sopportabile, siamo all’ultimo
tratto e questa volta la strada passa da buona a pessima, in terra battuta e
piena di buche ma pensandoci bene non è molto diversa da quelle che percorro
in bici dalle parti nostre verso Carovilli, per esempio oppure verso
Capracotta per non parlare di quella che da Barrea arriva a Scanno, passo
Godi e dell’altra davvero pericolosissima che da Vastogiradi scende fino a
S.Pietro.
Il clima è secco e penso che da queste parti la pioggia ne
scenda davvero poca, immagino cosa potrebbe accadere su queste strade
semiabbandonate in caso di pioggia e con quel fango scivoloso. Per trenta
chilometri non ho fatto altro che ammirare uliveti e fichi d’India già
maturi, una vera e propria rarità per i miei occhi, sarebbe bastato
sporgermi e allungare una mano per toccarli. Ci avviciniamo, siamo a pochi
chilometri dall’abitato di S.Demetrio, sembra di trovarci dalle parti di
Rocca 5 Miglia, una decina di tornanti e ci ritroviamo in centro, in quella
che dovrebbe essere la piazza principale, un monumento,una chiesetta, un
paio di bar, pasticceria di fronte, farmacia e pochissime persone sedute
sulle panchine, mi accosto al monumento incuriosito da quella frase…”
1915-1918 Ai caduti di S.Demetrio Corone per iniziativa dei Fratelli del
Nord America. Il comune pose.” Con Alessandro ci siamo sentiti solo per
telefono, non lo conoscevo anche se Enzo mi parlava spesso dei fratelli, uno
residente a Milano e l’altro, appunto Alessandro, a S.Demetrio.
In pefetto orario ci siamo visti e presentati in piazza
proprio sotto quel monumento ai caduti e Alessandro è stato davvero un
padrone di casa impeccabile, gentile, ospitale. Sono bastate un paio di ore
dall’arrivo a S.Demetrio fino alla partenza e sono bastate per aver messo in
pace la mia coscienza, aver mantenuto fede a quella promessa che un giorno
sarei andato a trovarlo a S.Demetrio.
Una elegante cappella gentilizia da poco costruita accoglie
le spoglie di Enzo e dei suoi parenti più stretti, il mio compito finisce
qui davanti a quell’immagine, dieci minuti in silenzio per ricordare un
amico scomparso, una persona buona. Alessandro ci chiede di restare almeno a
pranzo ma non è proprio possibile, devo prendere il treno a Lamezia e
successivamente la corriera a Napoli per rientrare a Castello in serata ma
un breve salto comunque lo facciamo alla pasticceria-gelateria Stilla, famosissima azienda
classificata “Eccellenza Italiana” e vincitrice di premi e riconoscimenti
come da certificato di iscrizione in bella mostra sul bancone. Un
tramezzino, un caffè e un vassoio stracolmo di quelle prelibatezze
Eccellenti di S.Demetrio e arriviamo ai saluti.
Alessandro è stato davvero bravo ed ospitale come lo sono
tutti i calabresi, ho rivisto in lui Enzo anche perchè somigliano tanto sia
fisicamente che nei modi, nel modo di parlare, persino nella generosità.
Riparto alle 13, la stessa stradina, per un breve tratto, la ripercorro in
senso inverso fino a Lamezia, un paio di toast acquistati al buffet della
stazione e alle 14 in punto la Freccia Rossa mi mette alle spalle Lamezia,
rapido controllo del biglietto, ovviamente attraverso un dispositivo
digitale e mi accomodo proprio di fronte ad un giovane intento ad ascoltare
musica a tutto volume sul suo telefonino.
Quasi tre ore di tacita sopportazione e finalmente
l’altoparlante interno annuncia l’arrivo imminente in Napoli, sono in orario
per attraversare tutta la stazione fino al piazzale delle partenze dei
pullman. Ho ancora mezz’ora di tempo, un altro panino al tonno acquistato e
divorato all’istante e mi ritrovo in fila davanti all’addetto al controllo
del biglietto e alla misura della temperatura corporea.
Napoli e la stazione di Piazza Garibaldi me la ricordavo
più caotica anche se ci mancavo da tantissimo tempo, uguale alle altre, vedi
Roma o Bologna, Milano, uguali persino nell’odore, l’odore della malinconia,
della solitudine, della nostalgia, non mi risulta che qualcuno vada a
divertirsi in una qualche stazione ferroviaria quando tutti gli altri non si
conoscono, vanno di fretta e dopo un po’ partono e spariscono
nell’indifferenza generale.
Castello mi rivede alle 20, la sera dello stesso giorno, una bella
giornata trascorsa quasi sempre in viaggio, 1200 chilometri all’interno di
quello che fu il Regno di Napoli e, dopo Napoleone, Regno delle due Sicilie.
Amico mio, che ti sia lieve quella terra che hai sempre
difeso e amato.... |